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La fenomenologia di Dorian Gray

  • roliimorw1
  • 29 ott 2022
  • Tempo di lettura: 6 min

Aggiornamento: 10 nov 2022


Dopo un’iniziale attenzione sullo studio della religione, Hegel arriva a comprendere il bisogno della filosofia di pensare alla vita, e perciò anche alla contraddizione (che la religione non può comprendere); proprio per arrivare a capire la realtà ha bisogno della filosofia. Nasce così la Fenomenologia dello spirito (1807): un romanzo di formazione attraverso un percorso che porta la coscienza naturale a diventare spirito. Se Hegel avesse ambientato il suo romanzo nella Londra vittoriana del XIX secolo, ed avesse chiamato la coscienza naturale con il nome di Dorian Gray, avrebbe potuto raccontare di come il giovane vede il proprio superamento, in modo drammatico, imparando a conoscere se stesso e diventare, attraverso l’esperienza della coscienza, un tutt’uno con il mondo. Quindi, una volta diventato spirito, nella Filosofia dello spirito (Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio 1817) si afferma progressivamente, fino a diventare spirito assoluto, toccando la sfera dell’arte (in rapporto alle altre due discipline).


Tesi: attenzione verso l’oggetto - Dorian Gray viene ritratto

Dorian arriva a Londra come un giovane bello e ingenuo, una coscienza naturale che pensa di dover vedere il mondo solo così com’è presentato, ovvero pensa che le esperienze oggettive provengano dall’esterno: non si accorge che sono un suo prodotto perché tutto ciò che esiste, per esistere, è stato pensato. Quando incontra per la prima volta il pittore Basil Hallward, comincia a capire che il suo modo comune di vedere le cose è inadeguato: la verità non è nell’oggetto ma nel soggetto. La sua certezza sensibile è infatti messa in crisi poiché è illusoria. Arriva quindi a pensare che la verità è nella percezione delle cose, nella sostanza. Una volta fatta conoscenza di Lord Henry Wotton, amico del pittore, anche la sua percezione viene messa in crisi, quando capisce che la cosa è un insieme di proprietà. Passa da percezione ad intelletto, ovvero a capire che la verità non è nella cosa stessa - nel suo caso la bellezza della giovinezza - ma nelle relazioni di questa con le altre cose, nei nessi di causa. In tal modo la coscienza diviene autocoscienza, ovvero coscienza di sé. Una volta completato il ritratto lo maledice, perché una volta che lui invecchierà non avrà più tutti i vantaggi ottenuti grazie al suo aspetto giovane, che invece verrà conservato dal quadro.


Antitesi: attenzione si sposta al soggetto - il ritratto nei suoi rapporti

Dorian, ora come autocoscienza, è mosso dal desiderio di riconoscimento. Non può riconoscersi da solo, nel ritratto, perché la ricerca di sé fallirebbe: rimarrebbe chiusa in sé e vincolata dal desiderio, che coincide in questo caso col rimanere per sempre giovane. Per riconoscersi deve fare esperienze pratiche, misurarsi con altre cose, deve andare al di là della soggettività e rapportarsi con un'altra autocoscienza. Questo perché un’autocoscienza si riconosce nell’altra attraverso lo sguardo, in cui scopre il desiderio. Così come aveva incontrato il pittore, Dorian incontra Sibyl Vane, rimanendo colpito dal suo modo di recitare in teatro: attraverso uno sguardo. Questo aspetto umano che supera la dimensione naturale, apre alla coscienza la consapevolezza di sé, il desiderio di riconoscimento che entrambe le autocoscienze chiedono attraverso lo scambio di sguardi. Le due autocoscienze, volendo entrambe che l’altro riconosca se stesse, entrano in lotta.


La prima forma di lotta secondo Hegel è l’eros. I due giovani si innamorano quasi immediatamente, poiché entrambi vogliono il riconoscimento dell’altro. Ma l’amore è una dinamica che fallisce nel suo scopo, poiché rimane sempre in contrapposizione nel cercare il desiderio dell’altro, che così si oggettivizza. Sibyl a questo punto non vuole più recitare, ma provare l’amore reale e cercare indipendenza a fianco di Dorian. Il ragazzo però, innamorato di lei solo per il suo ruolo di attrice, la ripudia, e la ragazza finisce per uccidersi. La lotta per il riconoscimento è una lotta mortale proprio perché è reale, ovvero le due autocoscienze mettono in gioco il loro essere reale: l’essere per sé e non per altro, il diventare indipendente, che viene a nascere proprio grazie a questa lotta.


Nella lotta reale tra autocoscienze, una delle due deve cedere all’altra, assoggettarsi. Nel fare ciò, un’autocoscienza è disposta a rischiare il proprio essere naturale, non ha paura di perderlo, mentre l’altra, non rischia. Basil, venuto a confortare Dorian per la morte della fidanzata, nel confessare la sua venerazione segreta per il ragazzo non si fa indietro, mentre Dorian per confessare il segreto del suo gesto che aveva portato la ragazza a suicidarsi, si fa indietro per paura. Da qui si ha un passaggio ad una relazione di ineguaglianza tra le due autocoscienze, immaginata da Hegel con le figure di signore e servo. Dopo un’iniziale imposizione della coscienza del signore su quella del servo, si ha un capovolgimento. Il servo, attraverso il lavoro, che rappresenta l’esperienza di riscatto, è consapevole della differenza tra coscienza naturale e autocoscienza, mentre il signore rimane ingenuo. Dorian supera velocemente la morte della ragazza, convincendosi di non averla mai amata nel suo essere reale e che quindi non fosse mai esistita, mentre Basil rimane legato all’idea che si era fatto di Dorian da quando la sua bellezza l’aveva conquistato. Il signore è in uno stato di fermo che non procede oltre l’immediatezza, è dipendente dal servo, mentre quest’ultimo in stato di movimento, supera il mondo e diventa indipendente.


L’autocoscienza indipendente però non ritrova se stessa nel mondo, si scopre altro e si aliena. Dorian nota che il ritratto comincia a cambiare, a causa dei suoi peccati. La sua anima fa parte del ritratto da quando aveva cercato in esso un riconoscimento che non aveva trovato. Questa crisi finale lo porta a diventare coscienza infelice: si fa duplice al suo interno, si trova divisa in conflitto e opposizione mentre cerca il riconoscimento di sé, ma non ha alcuna conclusione dato che non esce da se stessa. Si scopre come negazione, priva di mondo e di realtà, che cerca di proiettare in una forma spirituale, racchiusa nel quadro, un altro da sé, ma che in questo modo è sempre dentro di sé. Arriva all’alienazione massima.


Sintesi: riconosce unità tra soggetto e oggetto - Dorian nel ritratto apprende lo spirito del tempo

L’unico modo per uscirne passare a riconoscersi nella realtà, ovvero arrivare a cogliere se stessa come essenza della realtà. Dorian arriva alla ragione grazie a Lord Henry e in particolare ad un libro che gli viene regalato da lui, in cui rivede la sua vita. Questi lo portano a superare l’opposizione e capire che soggetto e oggetto del ritratto sono lo stesso. Dorian prende coscienza dello spirito del tempo: la memoria, che conserva quella delle età precedenti. E’ esattamente ciò che fa il ritratto, mostrando sotto forma sensibile la storia del suo soggetto. Riprendendo la storia, la coscienza diviene sapere assoluto, supera le contrapposizioni. Lo spirito si comprende sotto forma di concetto: cosa stessa nel suo significato. Il divenire reale emerge dal sapere stesso ed è razionale. Il libro lo influenza e lo porta a fare esperienze come spirito soggettivo, proprie dell’individuo e a prescindere dalle relazioni con gli altri: per ogni decisione torna ad analizzare come l’aspetto del quadro fosse cambiato e lo confronta con se stesso.


Filosofia dello spirito

Queste esperienze e il passare degli anni portano però delle conseguenze in rapporto al suo spirito oggettivo: per il suo diritto, ovvero la sua liberà di essere persona in quanto possiede capacità di intendere e di volere, sceglie di condurre una vita di vizi e piaceri, che gli portano una cattiva reputazione e diffusione di voci sul suo conto. L’unica ragione per cui viene ancora accettato dalla società sono la sua bellezza e la sua ricchezza, ovvero la sua proprietà. Lui è proprietario di se stesso come lo è delle cose. Quando Basil si confronta con lui riguardo le sue azioni, non riescono a fermare Dorian dall’uccidere il pittore né le leggi astratte che lo vincolano esternamente, né la moralità che lo dovrebbe vincolare interiormente, essendo libera riflessione sulla razionalità del proprio agire. Né le leggi della società né la moralità assicurano l’agire bene di Dorian, finché egli all’alba del giorno successivo, non torna alla vita nelle istituzioni in cui gli ideali di bene e razionalità si fanno reali, e deve fare i conti con l’eticità. La sua coscienza deve fare far fronte all’inserimento nella società, in relazione alla polizia che vede quasi immediatamente dal luogo del delitto, le domande postegli dal maggiordomo e dagli amici, che lui avverte come fossero un interrogatorio, fino all’incontro con James Vane che si vuole vendicare per la morte della sorella. Proprio l’eticità infatti, che salvaguarda l’autonomia della ragione senza rinunciare ai doveri, lo porta ad avviare un percorso di espiazione.


Convinto di essersi comportato in modo giusto e di aver fatto del bene, Dorian torna dal suo ritratto pensando di ritrovare l’immagine senza peccato che aveva inizialmente. Ma invece per lui l’opera d’arte è manifestazione di spirito assoluto, conoscenza di se stesso com’è nella realtà: il ritratto è ancora più empio di come lo aveva lasciato, e gli mostra la sua ipocrisia. L’arte coglie l’assoluto in forma immediata, in rapporto al contenuto sensibile che non inganna lo spettatore, Dorian Gray. L’opera è un prodotto dello spirito, che rappresenta lo sviluppo del concetto, in quanto esso si vincola in un contenuto sensibile. Dopo essere giunto all’autoconsapevolezza di sé, l’ultima azione di Dorian è quella di accoltellare il quadro, per colpire invece se stesso inconsapevolmente. E’ la morte dell’arte, che unita alla prospettiva storica, è andata oltre se stessa, oltre alla sua funzione, mostrando al ragazzo la reale immagine dei peccati che macchiavano la sua anima.


Narce Eval 2020


 
 
 

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